1. Il sogno delle macchine
Il trionfo del mondo degli apparati (Apparatenwelt) consiste nel fatto che esso ha cancellato la differenza tra forme tecniche e sociali, rendendone infondata la distinzione. L’apparato di un’azienda, che per funzionare deve coordinare il rendimento di ogni gruppo di lavoro con quello di tutti gli altri gruppi, e che contiene in sé, come pezzi propri di questo stesso apparato, innumerevoli apparecchi – dal telefono alla macchina a schede perforate – è «apparato» in senso altrettanto letterale quanto l’oggetto fisico-tecnico che generalmente viene così denominato; anzi lo è persino in grado maggiore, poiché l’ideale dell’apparato è tanto più perfettamente realizzato quante più energie e rendimenti una struttura riunisce in sé. In effetti, i singoli apparati «in senso letterale» restano incapaci di funzionare in modo sensato finché non vengono coordinati in un tutto perfettamente funzionante come l’«apparato». Giacché viene loro a mancare la materia prima, nonché la motivazione per lavorare e la possibilità di smerciare. Quella che oggi chiamiamo «dottrina aziendale» per sua tendenza non è nient’altro che il tentativo di riunire i due tipi di apparato in una unica disciplina. In ogni caso il buon funzionamento dei macroapparati è la condizione per la riuscita dei microapparati che, visti dalla prospettiva dei macroapparati, si riducono al ruolo di meri pezzi di apparato. Ma, esattamente nello stesso modo, anche ogni macroapparato, se vuol funzionare e funzionare bene, dal canto suo deve accordarsi ad altri, e in definitiva persino a tutti gli altri macroapparati. Con ciò si afferma, per quanto una tale conclusione possa apparire fantasiosa, che gli apparati fondamentalmente mirano a uno «stato ideale», uno stato nel quale esista soltanto un apparato unico e perfetto, dunque l’apparato; quello che raccoglie e «supera» in sé tutti gli apparati, quello nel quale «tutto funziona bene». Continua la lettura di Le macchine, I →