Le macchine, I

1. Il sogno delle macchine

 Il trionfo del mondo degli apparati (Apparatenwelt) consiste nel fatto che esso ha cancellato la differenza tra forme tecniche e sociali, rendendone infondata la distinzione. L’apparato di un’azienda, che per funzionare deve coordinare il rendimento di ogni gruppo di lavoro con quello di tutti gli altri gruppi, e che contiene in sé, come pezzi propri di questo stesso apparato, innumerevoli apparecchi – dal telefono alla macchina a schede perforate – è «apparato» in senso altrettanto letterale quanto l’oggetto fisico-tecnico che generalmente viene così denominato; anzi lo è persino in grado maggiore, poiché l’ideale dell’apparato è tanto più perfettamente realizzato quante più energie e rendimenti una struttura riunisce in sé. In effetti, i singoli apparati «in senso letterale» restano incapaci di funzionare in modo sensato finché non vengono coordinati in un tutto perfettamente funzionante come l’«apparato». Giacché viene loro a mancare la materia prima, nonché la motivazione per lavorare e la possibilità di smerciare. Quella che oggi chiamiamo «dottrina aziendale» per sua tendenza non è nient’altro che il tentativo di riunire i due tipi di apparato in una unica disciplina. In ogni caso il buon funzionamento dei macroapparati è la condizione per la riuscita dei microapparati che, visti dalla prospettiva dei macroapparati, si riducono al ruolo di meri pezzi di apparato. Ma, esattamente nello stesso modo, anche ogni macroapparato, se vuol funzionare e funzionare bene, dal canto suo deve accordarsi ad altri, e in definitiva persino a tutti gli altri macroapparati. Con ciò si afferma, per quanto una tale conclusione possa apparire fantasiosa, che gli apparati fondamentalmente mirano a uno «stato ideale», uno stato nel quale esista soltanto un apparato unico e perfetto, dunque l’apparato; quello che raccoglie e «supera» in sé tutti gli apparati, quello nel quale «tutto funziona bene». Continua la lettura di Le macchine, I

Discorso sulla servitù volontaria

da Edizioni Anarchismo, a cui si rimanda anche per la nota editoriale e per le note introduttive alla prima ed alla seconda edizione, a cura di Alfredo M. Bonanno.

«Non è bene avere più padroni;
abbiamone uno solo»
«Che uno solo sia il padrone, uno solo il re»

Così, secondo Omero, dichiarò in pubblico Ulisse.

Se avesse detto soltanto: “Non è bene avere più padroni”, sarebbe bastato. Ma invece di dedurne che la signoria di molti non può essere salutare, poiché il potere di uno solo non appena questi assume il titolo di signore, è aspra e contraria alla ragione, egli aggiunge invece: “Abbiamo un solo padrone…”.

Bisogna forse scusare Ulisse di avere tenuto un simile discorso che gli era necessario per sedare l’esercito in rivolta, pensò che egli adeguasse le proprie parole più alle circostanze che alla verità. Ma se si riflette, è un’immane sventura essere soggetti a un signore della cui bontà non si può avere mai certezza e che ogni volta che lo vorrà potrà mostrarsi malvagio. L’obbedire a più padroni è quasi sempre un’altrettanto grande sventura. Continua la lettura di Discorso sulla servitù volontaria

Foglio n°2 – No al circo con gli animali! [PDF]

Dal 20 dicembre è tornato nuovamente in città il circo con gli animali. Grazie al sindaco di Lucca Alessandro Tambellini, che rimangiandosi la già risicata moratoria di due anni fa – allora furono soltanto motivi igienico-sanitari e incompatibilità con la vicina area dei banchi alimentari – quest’anno invita al piazzale Don Baroni uno dei più grandi e meschini zoo viaggianti d’Europa, guidato dalla famiglia Dell’Acqua. Oltre alle sorelle Dell’Acqua, ben note vampire ultracentenarie, svettano lo spaventapasseri Elder “Clown Ridolini” Dell’Acqua e il mangiacasalinghe Denny Montico, sedicente ausiliare di polizia giudiziaria e responsabile del “benessere” animale. File interminabili di tir, gabbie ed animali imprigionati, nella loro rabbiosa miseria, messi a far da cornice sanguinolenta per più di due settimane allo squallore già ben assestato del consumismo vacanziero.
Come se non bastasse, a rantolare catarri in favore di
questi torturatori non poteva mancare il numero uno dei rincoglioniti, Aldo Glandi, giornalaio parafascista e locale scemo del villaggio, al quale dedichiamo questo piccolo vademecum, nell’inesprimibile speranza che a lui e a tutti gli altri signori menzionati possa ritornare un giorno una briciola dell’odio e della sofferenza che viene impressa a forza ogni giorno sugli animali del circo.

Numero 2, aperiodico. 31 dicembre 2019
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Foglio Anarchico Informale